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Blu Ray Disc Across the UniverseCONTENUTI SPECIALI DEL BLU-RAY DISC
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martedì 3 giugno 2008

Ritorno al futuro

Canzonette d’avanguardia
Troppo spesso ci riferiamo ai Beatles soprattutto in relazione a quel corpo di immortali canzoni che ci hanno saputo regalare nell’arco di neanche un decennio. In realtà è giusto sottolineare, a maggior ragione dopo così tanti anni, quanto fu rilevante il loro ruolo d’innovatori del linguaggio pop. Non soltanto in un contesto tradizionale quindi, leggi la creatività sul pentagramma, ma in qualità di veri e propri pionieri del suono. La critica parla di circa 40 innovazioni apportate dai 4 rispetto alla musica del passato, cose mai fatte prima che i Beatles, più o meno inconsapevolmente, hanno finito per imporre nella comunicazione musicale tout-court. Ancora oggi molte di queste innovazioni sono il pane quotidiano di gruppi come gli U2, per citarne uno.
In ordine sparso ci piace ricordare che furono i primi in un contesto pop a flirtare con la musica tradizionale indiana, i primi a sperimentare sui nastri passandoli al contrario, i primi a cimentarsi con l’idea di concept album, i primi ad usare il distorsore – in seguito marchio di fabbrica di Hendrix – per altro non sulla chitarra ma sul basso (Think For Yourself, da “Rubber Soul” 1965). Ma ce ne sono tantissime altre, penso a certi particolari contrappunti musicali prima sconosciuti, o ancora, ad accordi del tutto inediti nella musica leggera. La cosa più intrigante di tutta questa vicenda poi, è che i ragazzi non avevano mai studiato musica in maniera seria; certe intuizioni, ormai è ovvio a chiunque, le avevano all’interno delle loro menti. In particolare mi riferisco all’irripetibile alchimia che si sviluppò tra Lennon e McCartney, una miscela esplosiva, una combinazione unica che in sintesi partorì il mito stesso dei Beatles.

Ma tutte queste riflessioni sarebbero forse state impossibili se l’allora presidente della EMI Music non avesse intuito da subito di trovarsi al cospetto di un gruppo totalmente fuori dall’ordinario. Fu lui che a partire dalla fine del 1963, diede ordine ai tecnici degli studi Abbey Road di registrare tutto quello che usciva fuori da quelle sessions. Un’intuizione straordinaria. Oggi grazie a lui esistono centinaia e centinaia di nastri: inediti, versioni alternative, canzoni non finite, semplici esperimenti, ecc… Oggi noi sappiamo che anche nei frammenti meno lavorati, si trova un’anima musicale a dir poco sbalorditiva. Quel signore capì presto che i ragazzi erano dei geni e che bisognava assolutamente mettere ogni cosa su nastro. Esistono ore ed ore di una stessa canzone, magari con 50 versioni diverse, alcune pubblicate successivamente nella famosa serie “Anthology” uscita tra la fine dei ’90 e l’inizio del 2000. Alcune di quelle cose, originariamente scartate dagli stessi Beatles, mostrano delle idee assolutamente pregevoli che tendono a rafforzare quest’idea di un gruppo di pionieri capace d’anticipare i tempi. Un famoso critico musicale sostiene che i gruppi nati nel dopo-Beatles – eccezion fatta per le musiche di derivazione blues e gospel - si dividono in quelli che si dichiarano loro discepoli e quelli che non lo fanno ma lo sono comunque. Non spetta a me stabilire se questo sia vero fino in fondo; di certo, possiamo ribadire con forza il loro ruolo di innovatori assoluti del linguaggio pop codificato nel secolo scorso.

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